Onorevoli Colleghi! - Il commercio equo e solidale è stato per molti anni un'esperienza concreta per mettere in relazione le esigenze dei piccoli produttori del «sud del mondo» con la scelta di maggiore solidarietà ed equità negli scambi commerciali e nelle relazioni tra comunità e Paesi.
      Dagli anni '50, quando naque in Olanda, il commercio equo e solidale ha saputo crescere in quantità e in qualità diventando, negli ultimi quindici anni, sia a livello globale che europeo, e soprattutto italiano, oggetto di interesse da parte dei cittadini, dei gruppi di ricerca delle università e dei decisori politici.
      Se il dato della produzione e commercializzazione di prodotti equosolidali registra un successo crescente, sia nelle scelte dei consumatori che nell'attenzione da parte dei media e dell'opinione pubblica

 

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(sono oltre 70.000 i punti vendita in tutta Europa tra «botteghe del mondo», i negozi specializzati nella vendita e nella promozione del commercio equo solidale, e grande distribuzione organizzata, con un fatturato che supera ormai i 660 milioni di euro), molta strada resta ancora da compiere. In Italia, ad esempio, solo lo 0,13 per cento del caffè venduto è stato acquistato a condizioni eque, pagandolo cioè al «giusto prezzo» al produttore (e anche per altri prodotti siamo su percentuali molto basse: dallo 0,63 per cento del tè all'appena 0,08 per cento del cioccolato).
      In gioco non sono soltanto questioni legate a dinamiche di mercato: dietro la commercializzazione di questi prodotti operano infatti realtà produttive concentrate nei Paesi in via di sviluppo che coniugano il rispetto dei diritti dei lavoratori e la tutela dell'ambiente e che fondano la loro prassi economica sulla collaborazione responsabile con i produttori. I canali di vendita garantiscono non solo, quindi, il riconoscimento di un giusto prezzo a chi li produce e la massima trasparenza per chi li acquista, ma anche il sostegno e lo sviluppo di una filiera produttiva «corta». Valori che possono «contagiare» positivamente anche i processi di globalizzazione in atto.
      Negli ultimi anni si è fatto strada, tra i parametri che regolano le leggi del mondo imprenditoriale e tra quelli che determinano le scelte dei cittadini-consumatori, un approccio alternativo alla produzione, al commercio e al consumo, incentrato sulla relazione etica.
      Si tratta di una forma di lotta alla povertà che si basa sull'accompagnamento nell'accesso al mercato e che è caratterizzata da pochi ma ben saldi princìpi: parternariato responsabile; un prezzo più equo pagato alle imprese dei produttori; salari adeguati; relazioni commerciali durature; opere sociali per le comunità coinvolte; sostenibilità ambientale dei processi di lavorazione; miglioramento qualitativo della filiera produttiva. Per fare un esempio, si pensi che oggi un produttore di caffè latino-americano percepisce circa il 3 per cento del prezzo finale del suo prodotto. Con il commercio equo lo stesso produttore e la sua comunità non solo ricevono circa il 30 per cento di quel prezzo, ma riescono anche ad accedere al mercato come attori e non solo come soggetti passivi.
      Se la responsabilità sociale delle imprese e la sostenibilità ambientale ed etica dello sviluppo sono i nuovi valori da cui partire per la rigenerazione del sistema economico globale, lo «strumento» del parametro etico deve incidere il più possibile in tutti i contesti sociali.
      Non a caso la rilevanza dell'approccio equo e solidale al ciclo delle merci è stata riconosciuta anche nelle sedi istituzionali, a cominciare da quella europea: ad esempio, il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione n. A3-0373/93 del 19 gennaio 1994, sulla promozione del commercio equo e solidale fra nord e sud, e la risoluzione n. 198/98/CE del 2 luglio 1998, sul commercio equo e solidale, che ne riconoscono il valore sociale, e lo stesso Parlamento ha invitato la Commissione europea a prendere una serie di misure volte a premiare prodotti certificati equo solidali, incoraggiando la creazione di un marchio comune e favorendo una politica di incentivi. Un'altra risoluzione sul commercio equo e solidale e lo sviluppo è stata approvata il 6 luglio 2006 dal Parlamento di Strasburgo su sollecitazione della Commissione per lo sviluppo di Bruxelles.
      Lo stesso Parlamento italiano ha approvato all'unanimità due mozioni nel biennio 2002-2003 (mozione del senatore Iovene al Senato della Repubblica e mozione dell'onorevole Fioroni alla Camera dei deputati) che indicano il commercio equo e solidale come possibile e ulteriore strumento di lotta alla povertà, con particolare riferimento ai piccoli produttori, a partire da quelli coinvolti nella filiera del caffè.
      Parallelamente, sono diverse le regioni che hanno deciso di disciplinare il settore, approvando norme sulla produzione del commercio equo e solidale. Basti ricordare, fra le altre, la legge regionale del Friuli Venezia Giulia (legge regionale
 

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5 dicembre 2005, n. 29), la mozione della regione Marche (pubblicata nel Bollettino Ufficiale della regione Marche n. 82 del 17 ottobre 1995), la legge regionale della Toscana (legge regionale 23 febbraio 2005, n. 37), la legge regionale dell'Umbria (legge regionale 6 febbraio 2007, n. 3), la delibera della giunta regionale del Trentino-Alto Adige (n. 232 del 27 luglio 2005), la legge regionale dell'Abruzzo (legge regionale 28 marzo 2006, n. 7), i progetti di legge del Piemonte, della Liguria, della Lombardia e del Veneto.
      Molti enti locali, inoltre, hanno manifestato grande interesse per questi temi, attraverso la partecipazione alle iniziative promosse dall'arcipelago del commercio equo e solidale, come la campagna «Città eque e solidali», promossa da TransFair/Fairtrade Italia, AGICES, Coordinamento agende 21 locali italiane e Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani, con l'adesione dell'Associazione botteghe del Mondo (AssoBotteghe) Italia e dei soci dell'Assemblea generale italiana del commercio equo e solidale (AGICES), CTM Altromercato e Commercio alternativo. Una campagna che ha l'obiettivo di coinvolgere gli enti locali nella promozione delle istanze del commercio equo e solidale.
      Nonostante tutto ciò, il nostro Paese non ha ancora riconosciuto ufficialmente l'importanza di questa esperienza attraverso una legge di riordino del settore e quindi risulta ancora più importante sostenere questo processo e spingere affinché il Parlamento italiano introduca misure per la promozione e lo sviluppo del commercio equo e solidale.
      La presente proposta di legge è il risultato di un approfondito percorso di confronto all'interno del tavolo di coordinamento delle tre realtà maggiormente significative nel contesto equo italiano, AGICES, AssoBotteghe e Fairtrade/Transfair Italia (iniziativa italiana dell'Organizzazione internazionale di certificazione di prodotti del commercio equo e solidale).
 

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